Privacy e Diritto all’oblio
Il diritto all’Oblio
Iniziamo con lo spiegare di cosa si tratta quando si parla di diritto all’OBLIO.
E’ la modalità attraverso la quale si esplica il nostro diritto all’identità personale pertanto si chiede obliare ciò che riteniamo non debba essere più parte della nostra identità personale.
Il diritto all’oblio può essere praticato attraverso la richiesta di rimozione delle informazioni personali che ci riguardano dalla loro pubblica circolazione.
Per questo è equiparabile al diritto alla cancellazione, anche se sono diritti diversi tra loro: la pretesa di cancellazione delle nostre informazioni personali è una conseguenza dell’esercizio del diritto all’oblio (si può pretendere la cancellazione di dati personali anche per presupposti diversi).
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Il diritto all’oblio sembra essere il più “giovane” tra i diritti privacy e sicuramente la moderna società digitale ha espresso un enorme interesse verso quello che è uno dei pochi baluardi contro l’invadenza del web e la sua capacità di ricordare senza limiti temporali.
Siamo certi che i nostri dati vengano effettivamente cancellati?
Il diritto all’oblio è uno dei principali diritti difesi dal regolamento europeo sulla protezione dei dati personali.
Ciò significa che, una volta che si esaurisce la finalità per la quale un dato personale è stato raccolto, esso deve essere cancellato o distrutto.
Medesimo discorso quando si parla di indagine di mercato; quando i dati vengono raccolti per effettuare una indagine di mercato, al termine dell’indagine i dati possono essere cancellati o resi anonimi, in quanto l’obiettivo della raccolta era quello di avere a disposizione elementi statistici afferenti al gradimento della clientela, ad esempio, piuttosto che non avere a disposizione il nome e cognome del soggetto interviste nato.
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Social Networks e Web
L’applicazione dei princìpi espressi dal Regolamento 2016/679, già complicata nell’ambito della «rete delle reti», diviene ancora più problematica con riferimento specifico ai social networks, l’accesso ai quali, frequentemente, costringe gli utenti a «spogliarsi» quasi di tutti i diritti, in ragione dell’adesione alle «condizioni di uso», che – di fatto – impone il rilascio di una serie di autorizzazioni sia con riferimento all’utilizzo dei contenuti creati e condivisi dall’utente sia in ordine ai numerosi dati personali immessi nel World Wide Web.
I social networks, oggi sono i maggiori veicoli di notizie che consentono la formazione della reputazione delle imprese, che, non sempre in grado di cogliere l’importanza di questo asset strategico, risultano incapaci di affrontare le criticità di una rete in grado di trasformare ciascun utente in una fonte inesauribile di informazioni replicabili e moltiplicabili senza controllo.
Da quanto si evince dalla sentenza dei giudici della Corte Europea, Il gestore di un motore di ricerca su Internet è responsabile del trattamento dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi. Tale sentenza costringe Google a dover trattare ogni richiesta di “deindicizzazione“.
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La decisione della Corte è stata criticata da Google e da molte altre società di Internet oltre che da numerosi esperti di diritto della comunicazione, perché la sua applicazione rischia di limitare la possibilità di trovare e accedere facilmente a determinate informazioni.
La Corte infatti ha stabilito che i link verso i contenuti “non più rilevanti” possano essere rimossi sotto richiesta degli interessati, ma che i contenuti a cui rimandano per esempio articoli di giornale, foto e video possano rimanere normalmente online.
Fonte: Come fare perché Google mi dimentichi? Il diritto all’oblio in Europa! – Social Networks, diritto alla privacy e reputazione delle imprese – Siamo sicuri di saper cancellare correttamente i dati personali?