
Il Garante della Privacy e il Comitato Europeo per la Protezione dei dati (EDPB)
Con il provvedimento del 5 dicembre 2020 il Garante Privacy interviene ed aggiorna le Linee guida in tema di videosorveglianza emesse dall’Autorità nel 2010.
È evidente che tali chiarimenti si sono resi necessari non soltanto in ragione delle nuove previsioni introdotte dal Regolamento 2016/679 e delle Linee guida adottate dal Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB), ma anche delle risposte fornite a reclami, segnalazioni, quesiti ricevuti dall’Ufficio in questo periodo (assumendo in questo modo una valenza molto pratica ed attuativa).
——————-> La c.d. informativa semplificata di accesso, cioè la cartellonistica da utilizzare per comunicare alle persone che stanno entrando in un luogo soggetto a videosorveglianza, è stata profondamente innovata prendendo come modello quello proposto dalle su richiamate linee guida del Garante Europeo.
Gli obblighi in materia di diritto del lavoro
Il datore di lavoro non può adottare un sistema di videosorveglianza interna ed esterna, anche finalizzata unicamente alla tutela del patrimonio aziendale, senza aver prima adempiuto agli obblighi previsti dallo Statuto dei lavoratori, anche dopo l’entrata in vigore del Jobs act.
Nel contesto lavorativo trova applicazione anche l’art. 4 dello Statuto del Lavoratori e pertanto v’è la necessità a seconda dei casi di:
- un accordo sindacale oppure l’istanza per l’autorizzazione all’Ispettorato del Lavoro (D.T.L.);
- una Relazione Tecnica descrittiva;
- Informativa a tutto il personale;
- Nomina dei dipendenti designati al trattamento dei dati (es. Coloro che hanno accesso alle immagini);
- Valutazione d’Impatto per l’attenuazione dei Rischi a seguito dell’installazione;
- Formazione obbligatoria al personale;
- una eventuale Planimetria con indicazione di Videocamere, Monitor, NVR ed Angolo Focale;
- Regolamento Videosorveglianza approvato e deliberato;
- Varie ed eventuali.
Tempi di conservazione e valutazione di impatto
Anche per quanto riguarda i tempi di conservazione non c’è una regola definita e ci si deve rifare all’articolo 5.2 del regolamento: in altre parole, sarà necessario valutare le esigenze per cui è effettuata la videoripresa e parametrare a queste il tempo di conservazione.
Il Garante porta l’esempio della tutela da atti vandalici per i negozi, per cui un tempo congruo può essere di 24 ore.
Allo stesso modo, un tempo di conservazione superiore, come ad esempio 72 ore, dovrà essere valutato con estrema prudenza dal titolare, che dovrà, quindi, bilanciare correttamente le esigenze per le quali effettua le videoriprese con i tempi di conservazione e le cautele prese per evitare fughe di dati
La videosorveglianza personale e in condominio
Il principio di responsabilità è, ancora una volta, il parametro di riferimento per adeguare la videosorveglianza alle esigenze di tutela.
Sarà quindi necessario minimizzare l’angolo visuale delle videocamere in ogni caso per evitare le ipotesi di reato di cui all’articolo 615 bis del Codice penale (interferenze illecite nella vita privata), in particolare per le videosorveglianze di case private.
Le smart cam interne sono sempre consentite, per finalità di controllo e sicurezza. Se nell’abitazione lavorano persone esterne (come, ad esempio, colf e baby-sitter), sarà necessario fornire adeguata informativa sul trattamento dei dati e minimizzare quanto più possibile la durata della conservazione delle registrazioni.
Fonti: Agenda Digitale